CAPITOLO 1

Domenica 02 Aprile 2017 – 1° Giorno

Firenze, domenica.
Sento la primavera sulla pelle. L’aria è tiepida e dolce, morbidamente riscaldata dal sole. Ha ormai iniziato il suo viaggio e spazza via la foschia dell’inverno. Cambiano gli odori, i colori, i respiri, i suoni. Per me è la stagione dell’evoluzione, della rivoluzione. Malgrado facciamo fatica a rendercene conto, siamo profondamente connessi con la natura e, quando lei cambia, cambiamo anche noi.
Così mi succede sempre. E’ come se l’organismo sentisse il bisogno di riprendersi dal torpore dell’inverno, dalla tana che ci siamo creati per il freddo dei mesi scorsi. Sì i più la primavera è sonnolenza, fatica ad alzarsi dal letto, per me è sempre stata rinascita, energia pura.
Apro gli occhi molto presto, sono circa le 7. In realtà non mi sveglio mai più tardi delle 8 anche la domenica. Seduta in mezzo al letto scorro velocemente con la mente tutto ciò che voglio fare, che vorrei fare. Ho una gran voglia di fare.
Sono a casa oggi, non lavoro, non dovrei almeno e prima di uscire a prendere i giornali, do una sfogliata al cellulare per le ultime notizie.
Con un occhio ancora mezzo chiuso mi accorgo che sullo schermo del telefono c’è qualcosa, delle chiamate perse credo. In effetti ero ancora un po’ addormentata. No anzi, più di una chiamata.
E’ la redazione, cavoli! Mi stanno richiamando…
Non faccio in tempo a dire «Pronto!»
«Cri, c’è da andare a Budrio, il prima possibile…»
«Mah…ciao…che succede? …Budrio…vicino Bologna…che è successo a Budrio?».
«Una rapina in un bar, violenta, c’è un morto…Vai!»
Poche parole, pochissime ma soprattutto quel «Vai!», eh sì lo conosco molto bene. C’è da andare veloci sul serio.
Ecco i primi segnali della primavera, la mia rivoluzione stava iniziando in quel momento.
All’aria tutti i bei propositi domenicali, tutto ciò che avevo messo in fila nella mia mente, improvvisamente e velocemente, è stato sostituito da vestiti in fretta…mangia qualcosa…prendi il primo treno per Bologna…ma soprattutto cerca di capire cosa è successo a Budrio.

«Bologna, barista ucciso durante tentativo rapina: ha reagito e il ladro ha sparato», «Bologna, omicidio a Budrio, barista ucciso dopo la lite col rapinatore. Caccia al killer»…i giornali non parlano d’altro in effetti. E poi ancora polemica sulla sicurezza, legittima difesa…etc…etc…cerco di leggere il più possibile.
Mentre il treno va faccio un paio di chiamate ai colleghi locali…qualche dettaglio sul luogo…sulla vittima…parenti…inizio a scrivermi qualcosa…recupero numeri…carabinieri…comandante…
Alle 11:30 più o meno sono già lì sul posto. Naturalmente non sono l’unica. In pochissime ore televisioni, carta stampata, web, fotografi, eravamo davvero in tanti. Che sta succedendo?!
Bar “Gallo” a Riccardina di Budrio leggo sull’insegna.
Non ero mai stata in quelle zone tra le campagne bolognesi, tanto meno in quel piccolo bar di passaggio sulla strada che collega Budrio a Bologna.
Che ricchezze potrebbe mai avere avuto questo bar da scatenare una rapina del genere?!
Per molti come me quei luoghi erano sconosciuti fino a quel momento.
Budrio conta circa 18.500 abitanti, non pochi in effetti ma nemmeno tanti se ci pensi. E comunque non avevo mai avuto motivo prima d’ora di essere in questo posto. So che Budrio è nota per un importante centro protesi ma altro non saprei.
Scoprirò solo, alla fine di questa giornata, che, di qui a poco, molte cose per questa gente sarebbero cambiate. Forse lo erano già da tempo e non lo avevano ancora capito.
Cerco di informarmi su dove sono e cosa mi circonda. E’ la prima cosa che un giornalista deve fare quando arriva in un posto nuovo, studiarlo. I luoghi raccontano tante cose.
Piantina alla mano. Dunque, Budrio confina a nord con il comune di Molinella, ad est con quello di Medicina, a sud-ovest con il comune di Castenaso, a ovest con il comune di Granarolo, a sud con Ozzano e a nord-ovest con i comuni di Baricella e Minerbio. Conosco solo Castenaso, il resto solo nomi per me. Dista da Bologna appena 18 km.
Mi colpisce una cosa in particolare, i corsi d’acqua che attraversano questo comune. Ce ne sono davvero tanti, sparsi un po’ ovunque. Uno è proprio qui, è l’Idice. Lo vedo. Basta attraversare la strada, è lì al di là del bar. E poi ci sono i canali Fossano e Quaderna, che scorrono su questo territorio «pianeggiante, molto argilloso e sabbioso». Particolari come zone. Leggo, «vaste spianate di campagne sfiorate dai canali, alcuni anche percorribili».
Nessuno di noi avrebbe, di certo, potuto immaginare ciò che da quel momento sarebbe accaduto in quei luoghi, fra quelle strade, intorno a quei canali e quanto tempo avremmo trascorso lì.
Nemmeno io.
Dunque…i miei appunti presi in treno…
Sono da poco passate le 21.30 del primo aprile. Un uomo entra nel bar-tabaccheria “Il Gallo” di Riccardina di Budrio. Indossa un giaccone militare con il bavero alzato, un cappello in testa e un fucile da caccia a tracolla. Molti dettagli mi vengono, poi, riferiti dai colleghi locali che incontro fuori al bar, loro sanno tutto e subito.
Il titolare dell’esercizio, Davide Fabbri, affronta il rapinatore, tra i due nasce una colluttazione. Fabbri riesce a disarmare il balordo e lo ferisce alla testa con il suo stesso fucile.
Non finisce qui. Il barista viene trascinato nel retrobottega e purtroppo ucciso con una pistola. Il malvivente non aveva solo il fucile.
Quella sera nel bar ci sono altre tre persone. Due clienti, lì sulla destra guardando l’immagine, seduti al tavolo. In piedi Davide Fabbri. Uno dei due clienti viene ferito accidentalmente alla gamba da un pallino del fucile ma nulla di grave fortunatamente.

E poi c’è lei, Maria Sirica, la moglie di Davide Fabbri.
Tutto accade davanti ai suoi occhi.
Riesco velocemente a parlare con Maria.
Questa donna, dal fisico imponente, è rannicchiata su se stessa, seduta sugli scalini del bar.
E in poco è diventata piccola piccola.
«Non dimenticherò mai quegli occhi. Non ho visto un barlume di pietà per nessuno di noi. Solo follia e una rabbia che non saprei descrivere. Ha sparato a mio marito e dopo ha puntato la pistola contro di me».
«Non è giusto che la vita di Davide sia finita in questo modo. Non ha senso che un uomo buono che non hai fatto del male a nessuno, venga ucciso nel suo bar. Non so cosa credesse di poter trovare nella cassa. Aveva sia un fucile che una pistola come se dovesse assaltare una banca. Devono trovarlo e fargli pagare quello che ha fatto».
«Davide ha resistito e ha cercato di disarmarlo. Voleva farlo ragionare, ma è stato tutto inutile. Era entrato con l’idea di farci del male. Non abbiamo nemici e siamo stimati da tutti in paese. Questo è un piccolo bar di passaggio dove la gente si ferma per rifiatare e fare due chiacchiere
Aveva un accento straniero. Non aveva paura di nulla. Era basso e grosso allo stesso tempo.
Si è allontanato a piedi in direzione del ponte. Sono corsa subito da mio marito ma non c’era più vita nei suoi occhi. Non ho visto dove è scappato».
Piange Maria, è disperata, non ce la fa più a parlare. E io non posso più insistere.
Riesco ad avere alcune informazioni sul killer. Si cerca un uomo robusto, alto circa 1.75 con accento dell’est. Indossa una tuta tipo mimetica, ha una pistola e un fucile a pallini. Per ora posso raccontare solo questo. Sono con Nicola, è lui il mio operatore di oggi.
Ne abbiamo viste davvero tante in questi anni ma stavolta sembra diverso, non so bene spiegarlo, ho una strana sensazione dentro di me. Come una rivoluzione.
Da oggi 2 aprile 2017, da qui, iniziano i miei giorni a caccia del killer misterioso.